La tua biografia mi ha sconvolto. Non ti ho conosciuto, dolcissimo padre. Ero impegnato negli studi o rattenuto dalla coltre dell'altra città, altezzosa e borghese, che - al più - del male discetta a tavolino. Ma che spesso il male lo vede negli altri, i diseredati, gli ignoranti, i rottami, di classi sociali così depresse da non meritare migliori attenzioni. Però io ero qui, nella nostra Sicilia, in quel caldo meriggio di fine estate, in cui gelidi carnefici spezzarono il tuo impegno. L'impegno di un prete di borgata, in un mandamento tra i più cari a "Cosa nostra". L'impegno umile di chi rispondeva, a chi l'appellava « Monsignore », «Tò patri!». L'impegno della Chiesa di frontiera, ogni giorno operosa, sebbene sottotraccia. L'impegno che ora è scandalo per quanti si ritengono credenti e si rivelano conniventi o acquiescenti. L'impegno, dolcissimo padre, che denotano in un eterno presente i tuoi occhi sereni e sorridenti. Di chi replica al crepitio della violenza con lo zefiro della testimonianza di Cristo, a cui ti sei configurato, e che è il seme di speranza da te gettato, pur in un terreno ancora arido e crepato. Ma dobbiamo far prosperare questo seme. Con l'opera che non deflette da quanto Dio stesso promette: è la mitezza, che non è diplomatico tacere o tornacontistico concedere, ma fiducioso anelito di libertà e giustizia, che erediterà la Terra.
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